Prega che non capiti a te…

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Prega che non capiti a te…

In una società che estremizza la centralizzazione del potere e fallisce nelle proprie attività di garanzia è sempre più evidente la necessità di un cambio di paradigma socio-culturale, che miri a restituire al singolo cittadino la propria dignità e il controllo sulla propria dimensione.
Non scrivo mai, ma oggi sì.

Questo post è scritto di getto, perché sentivo che non potevo non scriverlo. Quindi, mi perdonino i miei 3 lettori e mezzo (le mie figlie, mia moglie e il cane) se viene fuori qualche strafalcione, qualche imprecisione o qualche inesattezza. Ma perché a me, homo incomunicabilis, viene da scrivere un post “di getto”? Ve lo spiego subito.

Fin dalla tenera età ci insegnano a non fidarci degli sconosciuti, a rispettare e ad amare le forze dell’ordine e le istituzioni; ci insegnano che la legge garantisce il giusto nei confronti del disonesto, e che le persone dello Stato ci rappresentano e ci proteggono. Ecco, protetti: dovremmo dunque essere protetti da uno Stato che garantisce le libertà e i diritti fondamentali di ciascuno di noi, e sentirci al sicuro.

Poi cresciamo e cominciamo a sgomitare nel mondo alla ricerca del nostro posto, scontrandoci con una realtà variopinta, un po’ diversa da quella che ci aspettavamo, che a volte ci lascia sgomenti ma alla quale facciamo presto a restare assuefatti.
Certo, i furbetti… che nervi! A cominciare da chi salta la fila, o “elude” le tasse; vabbè, contenti loro, tanto il nostro turno arriva, e di tasse – se potessi – ne pagherei meno anch’io, che male c’è?
E i funzionari corrotti? Che rabbia, ma mica puoi controllare ogni singolo soggetto? E poi si sa che il potere induce in tentazione, chissà che cosa avrei fatto io al suo posto; e poi quell’episodio clamoroso che è finito su tutti i giornali si è verificato a Casal Puzzone, in Terronia del Sud. Qui si sta meglio, dai!
Vogliamo parlare della politica clientelare? Che ci vuoi fare, è dai tempi dell’antica Roma (o prima ancora?) che qui funziona così. A proposito, devo fare gli auguri al Cav. Promessin, altrimenti pensa che io mi sia dimenticato di lui, e al prossimo giro elettorale non mi mette in lista!
E chi più ne ha più ne metta. “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù”, potremmo canticchiare.

Fa tutto parte del gioco, mamma e papà ce lo spiegano presto, e altrettanto presto impariamo ad accettarlo: in teoria funziona tutto, ma in pratica dobbiamo fare i conti con chi, meglio di altri, sa sfruttare a proprio vantaggio le maglie larghe del sistema politico, legale, giudiziario. Da bravi cittadini dobbiamo promuovere la legalità, denunciare i soprusi e fidarci dello Stato, che ha le spalle forti e alla fine prevale. Ma non sto raccontando nulla di nuovo.

Ciò che però l’altra sera mi ha fatto letteralmente cadere dalla sedia è stato un servizio de Le Iene – qui il link – nel quale si mostra uno scenario degno degli scritti del miglior Franz Kafka: la menzogna che diventa verità di Stato.

Riassumo brevemente i fatti

Un signore scopre, un bel giorno, che la villa che è stata storicamente di proprietà della sua famiglia, in cui ha trascorso i migliori anni della propria vita, è stata appena venduta, ma lui non ne sa nulla. Vede gli operai al lavoro per una ristrutturazione che non ha mai commissionato. Incredulo, chiede spiegazioni, consulta le carte, e scopre che la proprietà è stata oggetto di un vago lascito testamentario, da parte di una sconosciuta e a favore di sconosciuti, ed è successivamente stata venduta dagli “eredi” all’attuale “proprietario”. Il tutto autenticato da un notaio, cioè dallo Stato. Dalle mie parti si dice “Nun ce stanno santi…”, l’atto è ritenuto valido e per invalidarlo ci vuole un lungo e costoso processo, con i famosi tre gradi di giudizio. Pare che il notaio in questione sia protagonista di un altro episodio analogo, a favore dei medesimi beneficiari.

Insomma, perdonate la metafora forte: un mascalzone, d’accordo con un funzionario di Stato, mi prende a bastonate, e lo Stato, garantista, mi tiene fermo. Chiaramente si tratta di una situazione paradossale generata dal falso presupposto che i notai siano esseri incorruttibili. Non posso non lasciare il beneficio del dubbio anche in questo caso, ma sicuramente i notai sono umani e dunque non perfetti.

L’apparato statale ha sviluppato nel tempo determinati anticorpi contro l’abuso dei poteri che esso stesso concede, ma sono anticorpi di tipo “tradizionale”, di quelli che, nati per un motivo nobile, finiscono poi per rendere la nostra burocrazia una delle più lente ed articolate del mondo. E c’è il rischio concreto (o, in molti casi, la prospettiva scontata) che questi anticorpi finiscano per risolvere il problema quando è troppo tardi, e ormai non serve o non conviene più a nessuno modificare lo status quo.

Tutto ciò mi ricorda il motivo per il quale siamo nati

Adamantic è nata con un obiettivo, dichiarato a chiare lettere nel nostro motto aziendale:

Innovation, Transparency, and Quality of Life. This is what we work for, every day.

Innovazione, trasparenza, qualità della vita. Le tre cose sono profondamente collegate, ci crediamo sempre e da sempre. Se ci pensate, al venir meno di uno di questi fattori, gli altri cominciano a risentirne e a scemare in modo proporzionale, innescando un circolo vizioso. Al crescere di uno dei fattori invece, gli altri cominciano a beneficiarne e a crescere in modo altrettanto proporzionale, innescando un circolo virtuoso.

Sappiamo che il vizio è tenace, mentre la virtù è fragile: è nella nostra natura umana. È facile diventare “furbetti” quando si è in difficoltà; meno facile è resistere alla tentazione di restare “furbetti” una volta che se ne siano apprezzati gli oggettivi vantaggi (certo, ottenuti a scapito di altri e dei futuri sé stessi, ma tant’è).

Di conseguenza, tramutare una macchina sgangherata in un meccanismo efficiente ha storicamente richiesto delle rivoluzioni. Sperabilmente pacifiche, ma pur sempre rivoluzioni: nel modo di pensare, di percepire e di proiettare sé stessi nel rapporto con gli altri in una prospettiva che pensi al futuro più che al presente. E noi abbiamo fondato Adamantic perché crediamo fermamente che la blockchain possa portare ad una di queste rivoluzioni, da un punto di vista sociologico ancor prima che tecnologico.

Il paradigma della decentralizzazione e della responsabilizzazione dell’individuo affonda le radici nella filosofia alla base dell’Umanesimo: esso, ricordiamo, pone al centro della realtà l’uomo come individuo intelligente, libero e capace di dominare la realtà esterna, di creare cose belle e di determinare da solo il proprio destino.

Il nostro intelletto fa sì che nel tempo inventiamo strumenti che ci consentano di vivere meglio, di vivere tutti. La nostra avidità fa sì che chi possiede o controlla questi strumenti ne faccia in genere un utilizzo a proprio vantaggio, e naturalmente a scapito del prossimo.

In conclusione, un paio di domande

Dopo tanto dissertare, in questo mondo che sembra propinarci solo storture e mal di denti, non posso non chiedermi:

  • Se esistono modi per non doversi fidare di personaggi fallibili e di conseguenza nocivi per la società; se esistono tecnologie che ci consentono di riprendere il controllo, di verificare istantaneamente ciò che viene dichiarato; se esistono stati che riescono, grazie a tali tecnologie, ad azzerare la burocrazia e a velocizzare tutti i processi amministrativi… insomma, se tutto questo è a portata di mano, noi perché continuiamo ad associare la blockchain al trading di criptovalute?
  • Perché uno Stato come quello italiano, bisognoso fino alla morte di trasparenza e velocità amministrativa, declassa tuttora la blockchain a tecnologia di second’ordine?
  • Perché ci si affida ancora ciecamente a soluzioni sorpassate e macchinose invece di investire in un progresso che ha tutte le potenzialità per divenire stabile e sicuro?

Ma dico, voi tutti… Ve la ricordate la blockchain?

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